Custodi dell'Arte Antica della Vinificazione

Il Palmento e il Museo

Dove il tempo si è fermato

Nel cuore di Etna-Mare si erge una testimonianza preziosa del passato: il nostro palmento dei primi del 1900, dove fino a venticinque anni fa si vinificava il vino rosso dell’Etna secondo tecniche millenarie. Questa struttura, sapientemente restaurata ma mantenuta nella sua funzionalità originaria, è molto più di un edificio: è un libro di pietra che racconta l’arte della vinificazione etnea e la vita di intere generazioni che hanno saputo trasformare l’uva in nettare degli dei.

Oggi, accanto alla sua funzione storica, il palmento ospita un prezioso museo etno-antropologico della civiltà contadina, dove ogni oggetto esposto racconta storie di fatica, ingegno e amore per la terra che hanno caratterizzato la vita rurale siciliana fino agli anni Sessanta del secolo scorso.

l'architettura del sapore

Dove ogni pietra ha una funzione

Il palmento di Etna-Mare è un capolavoro di ingegneria rurale, dove ogni elemento è stato progettato per ottimizzare il processo di vinificazione utilizzando solo la forza di gravità e il lavoro umano.

Le antiche vasche della trasformazione

Due vasche scavate nella roccia vulcanica e rivestite in pietra lavica sono il cuore del processo di vinificazione. La prima accoglieva l’uva trasportata nei tradizionali “cufini” di vimini, dove veniva pigiata con i piedi in un rito collettivo che coinvolgeva tutta la famiglia. La seconda vasca vedeva iniziare la magia della trasformazione da succo dolce a vino.

La "Ghianca": genio della tradizione

Realizzata in legno e pietra lavica, la “ghianca” rappresenta un sistema antichissimo e geniale per la torchiatura dell’uva. Questo meccanismo funzionava grazie a una vite senza fine che, azionata dalla forza di due o più uomini, esercitava una pressione graduale sulle vinacce raccolte sotto il tavolato circolare. Un esempio perfetto di ingegneria tradizionale che permetteva di estrarre ogni goccia preziosa dalle bucce d’uva.

La Grande Botte: il tempio del tempo

Realizzata in legno di castagno con una capacità di circa 5600 litri, la grande botte rappresentava il tempio dove il vino completava la sua maturazione. Il riempimento avveniva utilizzando la “quartana”, un recipiente di rame da dieci litri che passava di mano in mano tra tre operai in una catena umana che segnava l’ultima fase del lavoro collettivo.

il rito della vendemmia

Quando il lavoro diventava festa

La vendemmia non era solo un momento di raccolta, ma un vero e proprio rito sociale che scandiva il ritmo della vita contadina. Tutta la famiglia partecipava a questo evento che trasformava la fatica in celebrazione, il lavoro individuale in festa collettiva.

All’alba, quando la rugiada ancora bagnava i grappoli, iniziava la raccolta nei vigneti terrazzati. Il trasporto dell’uva al palmento era un momento di condivisione: i carri trainati da muli si snodavano lungo i sentieri etnei, carichi di grappoli profumati e di speranze per la nuova annata.

Una volta giunti al palmento, iniziava la fase più spettacolare: la pigiatura collettiva, dove uomini e ragazzi danzavano sull’uva al ritmo di antiche canzoni popolari, in un momento che univa lavoro, tradizione e socialità.

Il museo della memoria contadina

Il museo etno-antropologico ospitato nel palmento conserva la memoria tangibile della civiltà contadina siciliana attraverso una collezione di oggetti che raccontano la vita quotidiana di un mondo ormai scomparso. Dalle forme del calzolaio ai cesti di vimini “da uomo” e “da donna”, diversi per dimensione secondo l’uso tradizionale, ogni oggetto rivela l’ingegno e la creatività di chi doveva risolvere i problemi pratici della vita rurale con materiali semplici ma resistenti.

La memoria del lavoro

L’aratro che solcava i campi vulcanici, le zappe che domavano la terra nera, “a statia” (la bilancia per pesare), “u tummulu” (l’unità di misura per i cereali), “u furcuni” (il forcone a tre denti): ogni attrezzo racconta una storia di fatica e sapienza, di uomini che conoscevano intimamente i segreti della terra.

L'arte del conservare

Damigiane panciute per il vino, sacchi di tessuto vegetale detti “lona” per il trasporto dell’uva, il lavatoio per la biancheria, pentole e piatti in ceramica locale: oggetti che rivelano come ogni aspetto della vita fosse regolato da ritmi naturali e necessità pratiche, dove nulla andava sprecato e tutto aveva una seconda vita.

La luce del passato

La lanterna a olio che permetteva di lavorare anche dopo il tramonto, le chiavi antiche che custodivano i tesori di casa, la “piattera” per servire il cibo: piccoli oggetti che illuminano la quotidianità di un tempo quando il rapporto con le cose era intimo e duraturo.

gli appartamenti

Tre rifugi indipendenti nel cuore della campagna etnea

Tre appartamenti indipendenti, recentemente ristrutturati nel rispetto della tradizione siciliana, vi accolgono come autentiche dimore rurali. Ognuno con la propria vista privilegiata – dal mare Ionio alle colline etnee, dai vigneti terrazzati agli ulivi secolari – e dotato di cucina attrezzata per gustare i prodotti del nostro orto biologico.

La disposizione su più livelli garantisce privacy e tranquillità, mentre le terrazze panoramiche comuni diventano il luogo perfetto per ammirare l’Etna e il mare in un solo sguardo.

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